Quarant'anni
Ricorre, oggi, il quarantesimo anniversario
della dolorosa e tragica scomparsa di Enrico
Berlinguer, il segretario generale del Partito
Comunista Italiano.
Alcuni tra i più giovani certamente non lo
ricordano neppure, altri lo scambiano per
un calciatore, un attore, un cantante, pochi
come il leggendario segretario del P.C.I.
Non sanno che Berlinguer è stato il dirigente
politico più amato dai connazionali e il più
rispettato anche dagli avversari politici.
Il suo carisma non era quello dei soldi, ed anche
per questo motivo gli avversari lo rispettavano
sinceramente. La sua figura, a volte ascetica, a
volte ironica, sempre estremamente seria e
composta era tale che da ispirare fiducia e
consenso, sempre.
E' stato non solo l'immagine dell'onestà, ma
l'onestà stessa. Il sorriso un po' triste, un po'
timido, qualche volta dimesso, la sua figura
esile ed ascetica lo facevano apparire come
una persona in cerca d'aiuto.
Ma Enrico Berlinguer, dietro quell'aria timida e
dimessa, era una roccia: una roccia incrollabile!
Ne sanno qualcosa i suoi ex collaboratori ed
anche Luciano Lama, allora segretario generale
della CGIL, che ha affermato (in un libro
intervista) che le caratteristiche umane e
politiche di Berlinguer non erano affatto quelle
che apparivano.
Era un uomo che sapeva prendere decisioni
importanti e le prendeva anche quando erano
impopolari. Lo dimostrano la sua presa di
posizione sulla proposta del "compromesso
storico", sulla "politica dei sacrifici", sulla
questione morale" che tanto ha fatto discutere
la sinistra italiana. La sua affermazione sulla
"fine della spinta propulsiva" della Rivoluzione
d'Ottobre, che gli è costata la fine dei rapporti
con l'Unione Sovietica. La denuncia che, in
Italia, esisteva il grave problema della moralità
politica, aveva suscitato maligne ironie e la
condanna degli avversari così da venire
etichettato un "frate francescano".
Berlinguer aveva perfettamente ragione tant'è
che otto anni dopo la sua morte, nel 1992, è
esplosa con fragore la bomba di tangentopoli.
Una bella testimonianza è quella di un suo
irriducibile avversario, Indro Montanelli, che
hadetto di lui: "Un uomo introverso e
malinconico, di immacolata onestà e sempre
alle prese con una coscienza esigente, solitario,
di abitudini spontanee, più turbato che alettato
dalla prospettiva del potere, e in perfetta buona
fede" .
E, tutto questo, detto da un feroce avversario
la dice lunga sulle caratteristiche umane e
politiche di Enrico Berlinguer.
E' stato l'ultimo vero leader del partito,
Enrico Berlinguer, ed ha incarnato l'austerità
e il disprezzo per l'autoindulgenza e l'infantilismo
del nuovo mondo dei consumi materiali.
Dopo di lui il passaggio dal rifiuto intransigente
dei falsi valori alla repentina capitolazione
politica e culturale è stato brevissimo.
Certamente, Berlinguer ha commesso anche
degli errori, ma in buona fede: in politica
interna: è stato l'appoggio incondizionato
dato (ma su cattive informazioni fornitegli,
ad arte, da chi era interessato a fornirgliele)
alla lotta dei lavoratori della Fiat. Lotta che
poi ha portato alla tremenda sconfitta con
la famosa “marcia dei quarantamila” contro
il sindacato. Di questa sconfitta ancora oggi
il sindacato ne paga le conseguenze.
Infine la sua morte, quasi in diretta, durante
un
comizio a Padova che ha commosso l'Italia
intera ed i suoi funerali, a Roma, che hanno
Questo, ma anche di più, è stato Enrico
Berlinguer il cui commosso ricordo rimane
ancora saldo nella mente e nel cuore di molti.
Altro che un “calciatore, un cantante, un attore”.