Abbattere il capitalismo privato
Abbattere il capitalismo privato
Il sistema capitalistico privato dovrebbe essere abbattuto senza esitazioni perché - come dimostra l'attuale crisi sistema - è un corpo agonizzante e con poche speranze di salvezza.
E' come un edificio vacillante e si sa che quasi sicuramente cadrà. La parte migliore società (checché ne dicano tutti I suoi famigli) dovrebbe adoperarsi per il crollo definitivo ed immediato e dare così l'avvio alla costruzione di un nuovo edificio solido e dalle fondamenta stabili.
Sono molte le ragioni della crisi, e fra queste la concorrenza: questo nuovo feticcio invocato dai più come la panacea di tutti i mali. Il capitalismo privato si fonda sull’idea secondo la quale ciascuno gode della possibilità di inserirsi sul mercato, di contrattare in assoluta libertà e di vincere la concorrenza tenendo i prezzi più bassi o offrendo merci più pregiate. Ma, come tutti dovrebbero sapere, questa, per sua naturale inclinazione, tende a ridursi sempre più, fino a sfociare nell’oligopolio o, nel peggiore dei casi, nel monopolio. Ciò è possibile grazie ad accordi, truffe, raggiri che portano all’eliminazione delle parti più deboli ed all'affermarsi sempre maggiore dei più forti che, coi loro cartelli, rimuovono dal mercato i concorrenti più deboli.
Se qualcuno si domandasse dove porta la concorrenza, la risposta sarebbe facile: alla negazione di se stessa!
Oltre alla concorrenza v'è anche un'altra ragione che determina la crisi: i frutti del lavoro sono diventati sempre più appannaggio del padrone e la forbice tra la produzione e la distribuzione della ricchezza si è allargata sempre di più a vantaggio del capitale col risultato che "chi lavora non guadagna e chi guadagna non lavora" (K.Marx).
E' solamente grazie al lavoro che l’uomo trasforma la natura, che imprime su di essa il proprio suggello, che la domina, la soggioga ai suoi interessi.
Dovrebbe conseguirne che, a causa del fatto che l’operaio è il trasformatore della natura, dovrebbe essere quello che, principalmente, è il maggiore beneficiario. Ma non è così, perché se l'operaio realizza col suo lavoro la propria essenza umana, nella società capitalistica è mortificato!
E allora, l’operaio non concepisce più il suo lavoro come uno strumento per dominare la natura, ma, viceversa, come uno strumento con cui la natura lo domina: non è libero di appropriarsi del frutto del suo lavoro, che gli viene brutalmente strappato, cosicché arriva a concepirlo come un mostro a lui nemico, come un feticcio.
La crisi in atto non è una crisi congiunturale, bensì una crisi di sistema. Una crisi generata dalla sovrapproduzione di beni che non riesce a collocare sul mercato e determina distruzione di conquiste sindacali disoccupazione, taglio ai salari ed allo stato sociale.
Questa crisi, divampata con una violenza senza precedenti, mette in luce l’illusorietà delle tesi propugnate dai liberisti, tesi secondo le quali ciascuno, perseguendo il proprio interesse privato, persegue anche gli interessi di tutti.
Da queste brevi considerazioni si evince la necessità di batterci per sancire la fine del capitalismo privato, e dei suoi orrori, e di sostituirlo con un sistema capitalistico pubblico.