Libertà, o destino?
I due termini sono decisamente in
contrasto. Ciò significa
che dov'è la libertà non vi può
essere il destino e, viceversa, dov'è
il destino non vi può essere
libertà! Anzi il destino non esiste:
è una menzogna popolare. Di
più: nemmeno la libertà esiste perché
è una favola ad uso di chi ha
poca voglia di ragionare.
°°°
Che cos'è la libertà? Tutti ne
parlano con grande cognizione
di causa, ma quanti la possono
definire con precisione?
Molti si appropriano del suo nome e la
collocano bene in vista
sulle loro bandiere: La Casa delle
Libertà (quella dell'ex
cavaliere); Libertà e
Democrazia; Libertà di parola; Libertà di
pensiero e centinaia di altre
libertà.
E' una delle parole che ha subito una gigantesca
inflazione
perché viene collocata dappertutto, anche laddove,
forse, non
sarebbe opportuno. Quasi sempre viene associata ad
un'altra:
democrazia! Si vive da qualche tempo in una
specie di mondo
rovesciato (non quello del
generale Iannacci), dove l'arroganza
e la sopraffazione vengono
chiamate libertà.
Quanti, oggi, si arrabattano
sulle spinose questioni della libertà
in generale - e della
libera informazione in particolare - sanno che
la libertà è
libera solo nella verità. presupposto dell'informazione
libera, non la sua realtà.
Per completare il pensiero è
utile ricordare che la filosofia
cristiana di sant'Agostino
distingueva con cura una "libertà minore"
da una "libertà maggiore".
Solo la libertà maggiore poteva dirsi
vera, mentre la prima non era
vera libertà.
Infatti la prima libertà, quella
che nasce dalla semplice assenza di
una costrizione ad agire, non è
libertà perché può
volgere al male.
La vera libertà, secondo lui,
iniziava quando la prima libertà si
volgeva nella direzione del bene.
Questo bene doveva essere
liberamente voluto, in
alternativa alle seduzioni del male.
Dunque, nessuna tentazione
autoritaria perché costringere al
bene qualcuno privandolo della
libertà di fare il male era per lui la
negazione stessa della libertà,
del bene e del vero.
Come la mettiamo allora con tutte
quelle gerarchie ecclesiastiche
e proibizioniste nostrane, che
hanno continuamente intralciato la
strada delle riforme sociali e di
costume appellandosi alla "libertà,
verità, valori" e via
elencando? Intendono condannare
sant'Agostino? Non credono nel
"libero arbitrio"? Sono succubi
della cultura protestante del
"servo arbitrio"?
Come la mettiamo con tutto quel
personale politico (un tempo
sarcastiamente denominato
“teodem”) che, invece di porsi a
servizio della società civile,
si comportava da perfetto famiglio
della più retriva casta
sacerdotale? Pensavano che qualcuno
potesse concupire l'argenteria
dei loro padroni di casa?
Perché sentivano il bisogno di
giustificare le loro azioni
dichiarando che: "Il nostro
comportamento è autonomo e non
deriva dalle posizioni delle
gerarchie ecclesiastiche"?
Non veniva, loro, in mente
l'antica locuzione: "Scusa non richiesta,
accusa manifesta"?
Erano terrorrizzati dalla preoccupazione di
perdere l'egemonia
culturale che tali padroni di casa subdolamente
e indebitamente
ancora conservavano?
Questo linguaggio non dovrebbe essere usato
in tempi "normali",
ma come si può restare inerti, in
istato di paciosa accidia, a fronte di
attacchi così virulenti
contro la laicità dello Stato. Il popolo italiano,
tutto, dovreb
be reagire contro il tentativo in atto di trasformare la
Conferenza Episcopale Italiana
(la CEI) in un organo legislativo in
luogo del Parlamento.
Ma se
la libertà è anche uno "stato di autonomia essenzialmente
sentito come diritto, e come tale
garantito da una precisa volontà e
coscienza di ordine morale,
sociale, politico", allora essa non può
essere un valore eterno, ma
contingente, storico. Infatti, come
potrebbe essere considerato un
valore eterno se essa viene
garantita da una volontà e
coscienza di ordine sociale, politico, che
sono, notoriamente, valori
transeunti?
Tra le molteplici definizioni che i filosofi hanno
dato della libertà,
definizioni che talora differiscono tra
loro, ma anche si assomigliano,
ve n'è una che emerge su tutte
le altre e che è utile ricordare, essa
recita: "La libertà
è la coscienza della necessità!". Sì, perchè libertà
e
necessità sono antitetiche: o l'una o l'altra!
Ecco, Marx
aveva perfettamente ragione perché, in altre parole: la
vera
libertà è il sapere (essere coscienti) che essa non esiste. E'
sapere che essa è il contrario della necessità. Essere
coscienti
di tutto ciò deve diventare uno stimolo per cambiare
la società, il
mondo, per conquistare maggiore
giustizia sociale, per liberarci
dalla necessità - fin dove è
possibile -. Questa è la libertà!
L'uomo non è libero di non
nutrirsi perché il nutrimento non è una
libera scelta, ma una
necessità. Non è libero di vegliare per giorni e
giorni perché
il sonno è una necessità. Non è libero di adottare un
comportamento asociale perché le norme di convivenza civile sono
una necessità. Non è libero di pensare ciò che vuole perché i
suoi
pensieri sono necessitati da chi possiede formidabili mezzi
di
comunicazione e, mediante questi, forma l'opinione pubblica (e
privata) e crea le coscienze. Non è libero nemmeno nelle sue
scelte
politiche perché esse gli vengono, suggerite dagli
interessati
manipolatori delle coscienze.
Chi agita forsennatamente il suo nome lo fa per interessi
personali,
non per amore di un valore filosoficamente poco
definibile e
politicamente incerto. Chi lo usa come un'etichetta
da applicare in
ogni proprio prodotto (sia esso una "Casa
delle Libertà", un "Partito
della Libertà" di
berlusconiana memoria) ha in mente la
salvaguardia del vasellame di
casa, il mantenimento del proprio
potere economico, che potrebbe
essere messo in discussione se
dovesse prevalere un altro e
diverso concetto di libertà.
°°°
Il destino, invece, pur essendo
parimenti un'invenzione umana
ha un'origine meno nobile. Viene
chiamato in causa ogni qualvolta
un progetto non va a buon fine,
quando un'aspettativa non viene
soddisfatta, quando una disgrazia
mette la persona a dura prova.
Il destino è la negazione della
libertà, del libero arbitrio, perché gli
accadimenti della vita sono già
stati tutti scritti, quindi non esiste
alcuna possibilità di evitarli.
Non c'è libertà che tenga!
La forma più esasperata di
destino si trova nella cultura islamica.
In questa cultura ogni
avvenimento è stato programmato da quella
entità superiore chiamata Allah
e contro la quale non c'è nulla da
fare: l'accadimento deve avvenire
e ... basta. Non servono
preghiere, non servono rapidi
scostamenti: quello che è destinato
deve avvenire.
Sotto questo profilo è molto
meglio la religione cattolico-cristiana
la quale ammette l'esistenza del
libero arbitrio. Ma questo è un
altro discorso!